Lettera Clinica LC n.133/2020

Nr. 133 del 11/03/2020

LC n.133/2020 L’ambroxolo potrebbe essere utile nel Parkinson?

La mutazione del gene che codifica per l’enzima beta-glicocerebrosidasi (GBA1) è un fattore di rischio per l’insorgenza di morbo di Parkinson, perché comporta un aumento dei livelli di alfa-sinucleina, la proteina che, formando aggregati insolubili, i corpi di Levy, nei neuroni o nella glia, determina la demenza in patologie neurologiche (dette sinucleinopatie) tra cui il Parkinson. Studi preliminari hanno segnalato che l’ambroxolo, in uso come mucolitico, esercita una possibile azione d’incremento dell’enzima beta-glicocerebrosidasi, con conseguente riduzione dei livelli di alfa-sinucleina. Uno studio britannico non randomizzato, in aperto, ha valutato la capacità di passare la barriera ematoencefalica del farmaco (assunto per bocca alla dose massima di 1,26 g al giorno), la sua tollerabilità e il suo ruolo biochimico in 18 pazienti con morbo di Parkinson di gravità moderata, solo metà dei quali aveva la mutazione del gene GBA1.

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