Per valutare gli esiti a lungo termine nei sopravvissuti a un arresto cardiaco extraospedaliero non traumatico, uno studio retrospettivo australiano ha esaminato 6.050 pazienti colpiti da arresto cardiaco con ritmo defibrillabile portati in ospedale. Il 31,1% di questi è sopravvissuto, e l’analisi ha approfondito chi avesse fatto la defibrillazione sul luogo dell’evento acuto. Si è così scoperto che il tasso più alto di sopravvivenza (52,8%) si osservava in coloro che erano stati rianimati direttamente da una persona presente sulla scena con un defibrillatore pubblico a disposizione, seguiti da quelli defibrillati dal personale sanitario dell’ambulanza (36,7%). Un questionario distribuito a distanza di 12 mesi ai sopravvissuti ha consentito anche di definire chi avesse fatto la defibrillazione, nella maggior parte dei casi (71,6%) era stato il personale sanitario dell’ambulanza chiamata d’urgenza e solo nel 10,6% dei casi persone presenti sul luogo dell’evento acuto. Oltre a essersi più spesso salvati, quelli defibrillati subito avevano più probabilità di rimanere a vivere a casa senza assistenza (p<0,001) e di avere un miglior recupero (p=0,002).
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