INTERVENTO Il primo mese dopo un infarto miocardico acuto è un periodo a particolare rischio di morte improvvisa. Quanto le terapie più recenti sono riuscite a ridurre questo rischio? La risposta viene dal confronto dei dati registrati in due studi in cui l’arruolamento dei pazienti con infarto è stato fatto rispettivamente tra il 1998 e il 2001 (studio VALIANT) e tra il 2016 e il 2020 (studio PARADISE-MI). Entrambi questi studi riguardavano pazienti con infarto e una congestione polmonare o una disfunzione del ventricolo sinistro.
RISULTATI Un totale di 5.661 pazienti sono stati inclusi nello studio PARADISE-MI e 9.617 nello studio VALIANT.
Nello studio più vecchio il 7,4% degli infartuati ha avuto una morte improvvisa o è stato sottoposto a rianimazione, rispetto al 2,6% dei pazienti arruolati nello studio più recente. In entrambi gli studi la morte improvvisa era più frequente nel mese successivo all’infarto, ma nello studio più recente il dato assoluto era la metà rispetto a quello registrato vent’anni prima (19,3 per 100 anni/persona nello studio più vecchio, 9,5 per 100 anni/persona nello studio più recente). Il rischio di morte improvvisa si riduceva progressivamente nei mesi successivi in entrambi gli studi. Queste differenze sono spiegabili con il maggior ricorso nello studio recente alle procedure di rivascolarizzazione coronarica e all’uso più frequente di betabloccanti, statine e antagonisti del recettore mineralcorticoide.
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