The Medical Letter TML n. 17 / 2022

Nr. 17 del 22/08/2022

TML n. 17 / 2022 FARMACI PER IL DECLINO COGNITIVO E LA DEMENZA

La malattia di Alzheimer (Alzheimer Disease, AD) è la causa più comune di demenza, ma il declino cognitivo è associato anche ad altre condizioni neurologiche come la malattia di Parkinson, la demenza a corpi di Lewy, la demenza vascolare e la demenza frontotemporale.
Il decadimento cognitivo lieve (Mild Cognitive Impairment, MCI) viene generalmente definito come un declino cognitivo superiore a quello atteso in base all’età e al livello di istruzione di un individuo, ma non tale da interferire con le attività della vita quotidiana; può trattarsi di una condizione transitoria tra i cambiamenti cognitivi tipici del normale invecchiamento e la demenza.1
Il trattamento della demenza reversibile dovuta a tossicità da farmaci, infezioni o disturbi metabolici non viene esaminato in questa sede.


INIBITORI DELLA COLINESTERASI

Il declino cognitivo nell’AD è correlato alla riduzione dei livelli di acetilcolina, coinvolta nell’apprendimento e nella memoria. Gli inibitori dell’acetilcolinesterasi aumentano le concentrazioni di acetilcolina nel cervello e possono generare modesti miglioramenti nelle capacità cognitive, nei sintomi psicologici e nelle attività della vita quotidiana.2
La Food and Drug Administration (FDA) ha approvato il donepezil, la galantamina e la rivastigmina per il trattamento della demenza associata all’AD sulla base di miglioramenti statisticamente significativi rispetto al placebo, ma pochi studi sono stati condotti su pazienti di età superiore a 85 anni e i dati sul loro impiego per più di un anno sono limitati. La rivastigmina è l’unico inibitore dell’acetilcolinesterasi approvato dalla FDA e in Italia per il trattamento della demenza lieve o moderata associata alla malattia di Parkinson. Nessuno di questi farmaci è approvato per il trattamento della demenza a corpi di Lewy o della demenza vascolare.
Con gli inibitori orali dell’acetilcolinesterasi gli effetti avversi gastrointestinali dose-correlati (nausea, vomito, diarrea) sono comuni. Possono verificarsi bradicardia e sincope e nei pazienti anziani che assumono questi farmaci è stato segnalato un aumento dell’incidenza di cadute e fratture dell’anca. A causa dei loro effetti colinergici, devono essere utilizzati con cautela nei pazienti a maggior rischio di ulcera peptica e/o emorragia gastrointestinale e in quelli affetti da asma o broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO).

DONEPEZIL – Il donepezil (Aricept-Pfizer Italia e altri; disponibile come medicinale equivalente) è un inibitore reversibile dell’acetilcolinesterasi. È approvato dalla FDA per tutti i gradi della demenza associata all’AD. In Italia è approvato per il grado da lieve a moderato.
Farmacocinetica – Il donepezil orale viene assorbito rapidamente dal tratto gastrointestinale; le concentrazioni plasmatiche raggiungono il picco in 3-4 ore con la compressa da 10 mg e in circa 8 ore con la compressa da 23 mg. Nei soggetti sani, la somministrazione del donepezil nella formulazione transdermica da 10 mg/die è stata simile a quella con le compresse da 10 mg.3 L’emivita è di circa 70 ore con le compresse orali e di circa 91 ore con i cerotti transdermici.
Il farmaco viene metabolizzato principalmente dai CYP2D6 e 3A4 ed è escreto nelle urine. Livelli plasmatici più elevati possono verificarsi nei metabolizzatori lenti del CYP2D6.
Studi clinici – In uno studio clinico randomizzato, in doppio cieco, che ha confrontato donepezil orale 10 mg/die, vitamina E 2000 UI/die e placebo in 769 pazienti con decadimento cognitivo lieve (MCI), non sono state riscontrate differenze significative tra i gruppi di trattamento nella probabilità di progressione verso l’AD a tre anni. Il gruppo donepezil aveva un tasso di progressione verso l’AD più basso durante il primo anno di trattamento, ma dopo tre anni il tasso di progressione con donepezil era simile a quello con placebo. I portatori del gene ApoE4 hanno avuto benefici più duraturi con il donepezil.
In studi a breve termine, randomizzati, in doppio cieco, controllati con placebo, condotti su pazienti con AD da lieve a moderata, la dose di 5 o 10 mg al giorno di donepezil orale ha migliorato le capacità cognitive e il funzionamento generale. (5,6) Tuttavia, in uno studio clinico randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, della durata di tre anni, condotto su 565 pazienti con AD da lieve a moderata, il donepezil orale non ha dimostrato benefici significativi sull’istituzionalizzazione o sulla progressione della disabilità.
In uno studio clinico randomizzato, in doppio cieco, della durata di 24 settimane, condotto su pazienti con AD da moderata a grave, 23 mg al giorno di donepezil orale hanno migliorato le capacità cognitive rispetto a 10 mg/die, ma hanno anche comportato una maggiore incidenza di effetti avversi gastrointestinali.
In uno studio clinico randomizzato, in doppio cieco, della durata di 24 settimane, condotto su 248 pazienti con AD grave che vivevano in strutture assistite, il donepezil orale ha migliorato le attività della vita quotidiana, le capacità cognitive e il funzionamento generale rispetto al placebo.9 In uno studio randomizzato, in doppio cieco, della durata di 24 settimane, condotto su 343 pazienti ambulatoriali con AD grave, il donepezil orale è risultato più efficace del placebo nel migliorare le capacità cognitive e il funzionamento generale.

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